Diario di bordo 4-11/08/2013 11 Agosto 2013 – Posted in: Diario di Bordo – Tags: Dance
Prima settimana in Grecia, sbarcati i ragazzi con cui abbiamo traversato lo Ionio, Oxygene si prepara ad accogliere il nuovo gruppo. Riccardo è il primo ad arrivare, da Milano, e subito si crea feeling. Dopo poche ore arriva Carola, già nostra allieva che questa volta vuole consolidare le nozioni di navigazione. Infine Filippo, che ha fatto un viaggio infinito. Infatti la crisi ormai tanto conosciuta della Grecia, si è manifestata in maniera cruda proprio nei trasporti e nei servizi. Linee pubbliche cancellate, nessun ufficio turistico e una incredibile quantità di vetrine chiuse. Dunque i mezzi per arrivare all’imbarco non sono stati molto efficienti, aspetto su cui lavoreremo.
Finalmente tutti a bordo, si parte con prora verso Itaca, terra mitica e misteriosa. 25 miglia ci separano dalle coste di Ulisse e subito è grande vela! Venti nodi al traverso rafficato a venticinque inebriano lo spirito del gruppo. Oxygene vola a otto nodi su di u mare piatto dove danzano le raffiche e piccole increspature cercano la luce. Dopo tre ore e mezza siamo a Pigadhi, piccola insenatura prottetta da un isolotto boschivo. Ci infiliamo tra questo e Itaca, in 4 metri d’acqua cristallina, mentre intorno a noi le cicale schiamazzano e le capre pascolano. Con un po’ di incertezza decidiamo di lasciare l’ancoraggio per passare la notte nel porto naturale di Vathi, principale comune di Itaca. Vathi è una insenatura secondaria di un fiordo più profondo. Questo la rende un porto ridossato da tutti i venti ed una cornice meravigliosa per il navigatore. Immagino cosa abbiano provato i primi marinai approdati qui dentro. Boschi mediterranei si alternano ad una vegetazione brulla.
Con un po’ di fortuna riusciamo a ormeggiarci in banchina all’inglese, saltiamo a terra e ci gustiamo una birretta ghiacciata in una graziosa taverna.
Troppe aspettative abbiamo su quest’isola ricca di storia per andarcene subito, così affittiamo una macchina e giriamo tutta l’isola. L’entroterra montuoso e arido rappresenta l’ambiente ideale per le capre che infatti dominano il paesaggio e direi anche le strade!
Mentre cerchiamo la “casa di Omero”, parco archeologico indicato dai cartelli, ci imbattiamo nella splendida Polis bey, insenatura esposta al maestrale, sempre ventilata e con una graziosa spiaggetta di ciottoli bianchi. Tutto bellissimo, ma degli scavi archeologici neanche l’ombra. Proseguiamo e arriviamo al porto naturale di Kioni, contornato di casette basse e colorate, qualche ristorantino e acqua cristallina. Qui la gente è molto cordiale e disponibile, ci piacerebbe restare ma il tempo vola, sono già le sette e ancora dobbiamo vedere ciò che resta della dimora di Ulisse. Risaliamo in macchina, qualche chilometro verso sud, seguiamo i cartelli e ci ritroviamo in un parcheggio montano, sgarrupato e con tanti calcinacci e ferri. Uno striminzito cartello ci spiega che quella è ciò che resta dell’antico insediamento. Immondizia e incuria sono ciò che resta del mito. Grande delusione e scoramento. Girando tra le isole e la costa ci si accorge del degrado che affligge anche questa terra. Ma perché non capiamo che la storia è la nostra ricchezza e la terra la nostra salvezza!
Rientriamo in barca, ci godiamo questa serata in paese, poi a letto.
Sveglia di buon ora, il vento si è alzato prima così riprendiamo la navigazione. Oggi vediamo le vele di emergenza, tormentina e randa di kappa. Le armiamo e le manovriamo, i ragazzi sembrano affascinati da queste manovre, fanno domande e riflettono sulle reali difficoltà che bisogna saper affrontare in mare. Sosta nella bianca “baia della casa” sull’isolotto di Atoko, poi di nuovo vela verso Kalamos. Ci fermiamo in una insenatura tra i mulini. Un bar fa da sfondo al nostro arrivo. Ancoriamo su otto metri d’acqua e poi aperitivino in spiaggia, a seguire barbeque!
Come al solito ottima cena, atmosfera rilassata e divertente.
Salpiamo con calma, il vento la mattina è sempre latitante, poi verso mezzoggiorno inizia a soffiare e non smette più fino al calar del sole. Oggi è più intenso del solito, occasione ghiotta per “stressare” un po’ l’equipaggio e capire le reazioni. Iniziamo a fare virate e abbattute in continuazione, poi si prendono le mani di terzarolo in ventisette nodi rafficati, di nuovo manovre, molti errori. Dopo tre ore di vela molto intensa entriamo nel porto naturale di Meganisi, ci fanno ormeggiare al frangiflutti con ancora e cime a terra. Sono perplesso, il fondale è troppo profondo e non ben ridossato, ma non abbiamo alternative, dobbiamo fare acqua!
Comunque il vento cala e il paesino è davvero molto bello. La sera passeggiata e due zompi in un animato bar della baia, atmosfera euforica, gente giovane e simpatica. Un po’ di vita ci fa bene, siamo tutti contenti di questa sosta!
Il giorno dopo si parte verso Levkas ma come temevo, l’ancora si incaglia! Fede che già una volta è scesa a 12 metri, questa volta non può arrivarci. Troppo fondo e acqua torbida. chiediamo assistenza, ci promettono un sub, ma dopo mezz’ora niente. decido di provare lavorando di timone e motore. con parecchia fortuna, riusciamo a liberare l’ancora e finalmente Oxygene è libera di volare nello splendido canale tra Levkas e Meganisi, bordeggiando a vele spiegate.
La giornata di ieri è servita, oggi tutto viene fatto con calma e senza errori, sono soddisfatto! Poi il vento cala, così arriviamo a motore nella profonda insenatura di Vasiliki. Non lo sapevamo, ma questa è considerata una delle dieci mete più belle per fare wind surf. Entrati nella baia, si capisce subito il perché! Vento teso e rafficato su un mare piatto, da mezzogiorno alle nove di sera. Centinaia di wind surf e Hobie cat dominano l’acqua offrendoci uno spettacolo mozzafiato, un trionfo della vela! Troviamo un posto in banchina all’inglese, molto disagevole con il maestrale al traverso che alza una fastidiosa risacca. Così approfitto della situazione per spiegare l’uso della seconda ancora. Faccio armare il barber mentre con Filippo prendiamo il tender e andiamo a posizionare l’ancora. passiamo poi la cima dell’ancora di rispetto dentro il bozzello e la rinviamo a prua, così da “sollevare” il mascone e staccare la murata dalla banchina. ottimo risultato ora si tratta di resistere solo poche ore poi tutto cala e la baia si trasforma in una meravigliosa culla verdeggiante. La sera facciamo un giro per la cittadina fino ad arrivare al campus dove alloggiano la gran parte dei windsurfisti, è venerdì sera e allora grande festa!
Birra a fiumi, musica alta e grandi risate accompagnano questo tipico party anglosassone e ci regalano una bella atmosfera di svago
È sabato, giorno di sbarco così partiamo presto e navighiamo verso Preveza, trenta miglia a NE. Questa volta non c’e’ vento e così approfittiamo della calma per anticipare le pulizzie e sistemare la barca per i nuovi arrivi. Arriviamo a Preveza, dopo aver percorso il canale di accesso alla baia interna.