Oxygene conclude la middle sea race 2009 19 Febbraio 2015 – Posted in: Diario di Bordo

[mk_padding_divider size=”20″][mk_dropcaps style=”fancy-style”]O[/mk_dropcaps]

Partiti!!! Dopo giorni di preparativi, alle 1100 di oggi siamo partiti da la Valletta. E’difficile raccontare le emozioni della partenza di questa regata, in uno specchio di mare incastonato nella storia. Le sue immense mura, i bastioni ancora intatti, i cannoni pronti a difendere gli accessi dal mare.Quì il tempo si è fermato
Da giorni sappiamo che il meteo non sarà buono. Una serie di basse pressioni si susseguiranno per tutto il periodo della regata, portandosi dietro forti venti, mare burrascoso, temporali e grandi piogge. Una prima depressione sta passando proprio ora, mentre vi scrivo (1830) proveniente dal golfo del leone diretto verso est. In questo momento ci troviamo a 14 miglia SW di Capo Passero, abbiamo navigato al traverso –lasco per tutto il tempo, tenendo nella prima parte del canale una media bassa di 5,5 nodi , dovuta alla mancanza del gennaker. Nella seconda parte, appena il vento è scivolato verso sud, con il nostro spi rosa ci siamo presi una rivincita sulla flotta, macinando una media di 7,5-8 Kts.
Ogni cosa è al suo posto, tutto è funzionante e pronto per le emergenze. Non abbiamo lasciato niente al caso e questo è il presupposto necessario per affrontare queste sfide.
Arrivati a Capo Passero, punta sud est della Sicilia, il vento rinforza , toccando punte di 42 nodi, trascinando con sé nuvole cariche di pioggia e temporali. Sono bastati cinque minuti a questo groppo, per romperci il fiocco e danneggiarci la randa. Un errore banale, il nostro. Qualcuno si era dimenticato di fare un nodo di arresto alla scotta di randa, che così esce dal trasto ed inizia a sbattere violentemente e senza controllo. Siamo stati fortunati, in quella condizione la rottura della randa era più che possibile.

Abbiamo poi saputo che quello stesso groppo aveva fatto molti danni alla flotta, costringendo molti al ritiro ed altri a proseguire con la barca gravemente danneggiata. Per tutta la notte risaliamo la costa orientale della Sicilia, con vento sui 30 nodi e mare poco formato, condizione che ci permette di volare davanti allo spettacolo unico dell’Etna innevato, verso lo stretto di Messina.
Che bello!!! un imbuto naturale tra due terre alte e scoscese,verdi e rigogliose. Non abbiamo nessun problema nell’approccio allo stretto, il cielo è coperto ma il vento cala a 12-13 nodi, il mare diventa piatto ed ai nostri fianchi ecco che compaiono 3 barche concorrenti. Riusciamo a sfilare bene al centro del canale, sappiamo che la corrente è in fase di stanca e non ci darĂ  problemi perchĂ© da lì a tre ore inizierĂ  la montante. Il nostro ottimismo viene presto vanificato da un calo sostanziale del vento che ci costringe a bordeggiare, seguendo i refoli che si stendono a macchia di leopardo tra la costa siciliana e quella calabrese.Impieghiamo circa quattro ore per attraversarlo, arrivando a Capo Peloro verso le 16:30.

La parentesi di sole che ci ha accompagnati lungo lo stretto, presto ci abbandona, lasciando il posto a nuvole insidiose, basse e nere che si riflettono sul mare ormai in crescita, scuro e contrario. In pochi minuti lo scenario si fa difficile, il vento ci costringe ad una bolina impegnativa, la pioggia è intensa e limita fortemente la visibilità, il vento si stabilizza sui 25 nodi e ci costringe a ridurre la randa e cambiare il genoa con il fiocco 4, unica altra vela di prua rimasta. Sulla nostra poppa, la barca che segue è sempre più vicina e presto ci raggiunge e ci supera. E’ ormai notte il vento aumenta ancora, le nuvole ormai nere sono cariche e scatenano lampi e fulmini. La barca che ci aveva superato è in difficoltà, forse un problema con la randa, ci avviciniamo e chiediamo se hanno bisogno di aiuto, non arrivandoci risposta e non sentendo comunicazioni alla radio, proseguiamo, accertandoci che l’equipaggio è operativo e la barca sembra in sicurezza.

[mk_padding_divider size=”20″][mk_blockquote style=”quote-style” text_size=”18″ align=”left” font_family=”none”]La cavalcata verso Stromboli è dura, faticosa. Io non sono tranquillo, perdo la luciditĂ  necessaria ad uno skipper per garantire la sicurezza dell’equipaggio ed il successo della barca. Credo che il comando di un gruppo di uomini sia un privilegio, un onore che vĂ  meritato. Le responsabilitĂ  che il ruolo comporta non sono delegabili. In questa occasione ho perso la sicurezza nelle mie decisioni, non mi sento sereno e di conseguenza non sono sicuro di poter garantire la sicurezza dell’equipaggio. Questi presupposti mi fanno pensare seriamente al ritiro. Come può uno skipper garantire la sicurezza del suo equipaggio, quando lui stesso non si sente sicuro? Non riesco a nascondere le mie inquietudini, i ragazzi se ne accorgono e questo crea un po’ di disagio. Per fortuna 4/6 dell’equipaggio mi conosce bene, abbiamo affrontato tante avventure insieme e gli altri due elementi sono marinai esperti e levigati. Grazie a tutti loro ho superato questo momento difficile e ripreso la serenitĂ  necessaria per guidare Oxygene ancora avanti.
Arriviamo a Stromboli verso mezzanotte, accolti dalle sue eruzioni continue e da una colata di lava lungo la sciara, che dĂ  luminositĂ  ad una notte buia e fredda.
Passata Stromboli, volgiamo la prua verso le Egadi, lasciandoci le Eolie a sinistra. Le condizioni rimangono le stesse, vento forte e pioggia, qualche lampo, mare formato. Arriviamo ad Alicudi all’alba, l’isola è bellissima. Verde e intatta, sono evidenti gli smottamenti causati dalla pioggia, che disegnano solchi profondi lungo i suoi pendii.[/mk_blockquote][mk_padding_divider size=”20″]

Siamo al terzo giorno di navigazione, e le prime luci ci fanno subito capire che sarĂ  una giornata dura. Il buio della notte nascondeva la perturbazione proveniente da nord. Un fronte lungo e compatto che porta rapidamente altra pioggia, questa volta molto fitta. In pochi minuti si scatena la grandine con una tale violenza da farsi sentire attraverso le cerate e ferendo le mani del malcapitato timoniere, costretto a tenere le mani ferme sulla ruota. La grandine viene spinta da venti forza 6 con raffiche forza 7.
Lo scenario che si apre finita la grandine e impressionante. Siamo circondati da formazioni nuvolose e vediamo ai nostri fianchi formarsi tre trombe d’aria, due sulla sinistra, una sulla dritta più grande e potente, che solleva l’acqua fino in cielo. E’ incredibile, spaventoso, non avevo mai visto una tromba d’aria dal vivo, durante una navigazione!!!
Cerchiamo di fuggire il più rapidamente possibile, non importa se andiamo fuori rotta, finire dentro una di quelle trombe d’aria sarebbe disastroso, la rottura dell’attrezzatura e la sicurezza dell’equipaggio sarebbe a dir poco messa in pericolo. Sfuggiamo alle prime tre, ma ecco che altre due si formano, questa volta sulla nostra poppa e al traverso. Sembra una corsa ad ostacoli dove le vie di fuga sono ostruite. Decidiamo di puntarne una per capirne bene la direzione e sfuggire. Per fortuna la vediamo sfilare al nostro fianco, il pericolo è passato, alleggerendo la nostra tensione e offrendoci uno spettacolo naturale mozzafiato. Tre immensi coni di aria e acqua dal cielo al mare che si muovono verso l’orizzonte, sotto un cielo terzo ed insidioso, sopra un mare che sembra ossequioso e intimorito da un’altra incredibile forza naturale .
Superato il pericolo, lo sconforto per un meteo che non migliora si fa sentire. La tentazione di ritirarmi è forte, la comunico all’equipaggio. Non vogliono!!! La barca è solida, si è comportata bene, l’equipaggio sta bene, nessun malessere ne intacca le energie, insomma non ci sono ragioni valide per il ritiro. E’ vero, è come dicono loro, allora che cos’è questo senso di inquietudine che mi pervade. Ho navigato per tante miglia, da sempre ho un ruolo di responsabilità, la barca la conosco a perfezione, non riesco a capire che mi succede!!! Alla fine capisco che si tratta del resto. Ci sono momenti in cui si è più disposti a correre dei rischi ed altri in cui questi rischi ti sembrano eccessivi. E’ solo una questione di percezione. Grazie ragazzi !!! grazie alla loro caparbietà ho superato le mie inquietudini, ho recuperato la mia serenità e sicurezza nelle scelte e sono andato avanti. Sono esempi di lavoro di squadra, perché l’equipaggio è una famiglia dove le difficoltà si superano insieme, si è tutti importanti anche se con ruoli diversi.
La nostra navigazione è veloce. Oxygene scivola sulle onde in maniera pulita e morbida, raggiungendo una velocità massima di 9,7 nodi di bolina. Arriviamo al traverso di Palermo verso le sette di sera, ma il vento gira costringendoci a bordeggiare per passare capo Gallo e puntare su capo S. Vito.
All’alba del quarto giorno di navigazione, superiamo Favignana, dopo aver deviato dalla nostra rotta per verificare le condizioni di una barca a vela alla deriva. Preoccupati che fosse successo qualcosa, abbiamo seguito l’imbarcazione fino a raggiungerla, ma non ricevendo risposta, abbiamo chiamato la Guardia Costiera di Trapani per avvisarli della situazione.
Iniziamo così la traversata del canale di Sicilia. Un vento di Scirocco teso, sui 15-23 nodi, ci consente di risalire di bolina stretta ad una velocità di 7,5 nodi, puntando Pantelleria. Raggiungiamo l’isola al tramonto, dopo una splendida navigazione, veloce pulita e finalmente con un po’ di sole!!!
Giriamo il periplo e puntiamo Lampedusa, questa volta l’andatura è ancora più stretta, il mare è formato, con un’onda di circa 2 mt di prua. La notte è dura, la stanchezza si fa sentire, il timone è duro ed impegnativo. Riduciamo i turni a tre ore, va tutto bene ma arriviamo al mattino davvero provati. La stanchezza però viene scacciata dall’emozione di vedere sfilare Lampedusa, ultima boa prima del traguardo. Lo scorso anno dovemmo interrompere la navigazione a Pantelleria, lasciandoci l’amaro in bocca e la delusione del ritiro. Questa volta ce l’abbiamo fatta, mancano 83 miglia al canale di Comino, il vento è sempre di Scirocco, quindi navighiamo al traverso. Direzione ostinata e contraria ,che avevamo raggiunto, appena girata l’isola, con il traverso, ha preso il via, volando sul mare e scomparendo all’orizzonte.
La navigazione è piacevole, siamo tutti felici e sereni, sono lontani i giorni di difficoltà e incertezze, che hanno lasciato il posto alla gioia e l’orgoglio di stare per concludere una delle regate più prestigiosa e difficile del mondo.
Passiamo Comino verso le 23:30, ma il vento rinforza con punte di 35 nodi. Riduciamo immediatamente tela, sarebbe una beffa rompere qualcosa ora. Puntiamo Il faro di La Valletta, il vento è sempre piĂą forte e ci costringe ad una bolina strettissima, su un mare piatto e nero. Come in tutte le avventure, non manca mai il colpo di scena finale, così anche noi abbiamo rispettato la regola e ci siamo infilati in un labirinto di reti!!! Ne becchiamo una, per fortuna solo di striscio. La forza del vento e lo sbandamento della barca, ci consentono di liberarci, cerco di uscire da questo inferno, ne schivo un’altra, ma l’uomo a prua mi urla di poggiare deciso, lo faccio ma è tardi, una seconda rete ci imprigiona. La barca è ferma, come un leone in gabbia, il vento tira, lei si dimena ma le maglie della rete sembrano non rompersi. Cerco di andare in contrasto, con randa e timone, l’equipaggio si sposta tutto sottovento…la barca si muove, fa qualche metro ma poi è di nuovo ferma, ancora non siamo usciti!!! Ancora un po’ di contrasto, poi una raffica potente, e via, la barca riparte tra le grida dell’equipaggio e gli insulti ai pescatori di zona, che mettono le reti e non le segnalano, rendendo il mare un labirinto infame.
Entriamo nel fiordo ed iniziamo a bordeggiare. Qui il vento è pochissimo, ridossato dalla costa maltese, ed entra a raffiche che si stendono da un lato all’altro dello specchio d’acqua. Bellissimo!!! Entrare a vela qui dentro, non è paragonabile a nient’altro.
Ci siamo, ancora pochi metri, il suono della sirena, le urla liberatorie di tutti noi.
E’ FATTA!!!
Questa volta ci siamo riusciti

Tommaso Cerulli Irelli